Natalia Rosso

Laureata in Biochimica Clinica in Argentina nel 2002, ha preso il dottorato di Ricerca presso l’Università di Trieste nel 2007. Da più di 17 anni lavora presso la Fondazione Italiana Fegato, dove coordina attività di ricerca traslazionale nell’ambito della steatoepatite.

iconmonstr-quote-5-240 A Trieste, nella mia realtà ho imparato a lavorare sotto regole precise, dove non mancava nulla per poter fare le cose. Questo ti insegna quanto sia più efficace avere le cose a disposizione e in ordine piuttosto che improvvisare. iconmonstr-quote-7-240

Ci si nutre di tante cose a Trieste, città dove il porto, la montagna e il confine riversano i loro mille stimoli e le loro innumerevoli contaminazioni. Ma Trieste è anche una città dove la scienza lascia un’impronta forte, con i suoi centri di ricerca e i suoi studiosi che qui convergono da tutto il mondo.

Come Natalia Rosso, argentina di origini italiane arrivata in città grazie a una borsa di dottorato presso l’Università di Trieste ed entrata subito in contatto diretto con la realtà triestina grazie alla sua collaborazione con l’Immaginario Scientifico, il museo della scienza di Trieste. «Lavorando con loro, anche con attività didattiche per le scuole, mostre, Open Day, manifestazioni per promuovere la scienza, già poco dopo il mio arrivo a Trieste sono riuscita ad avere un contatto con i cittadini». L’esperienza all’Immaginario Scientifico è stata di grande stimolo per Natalia anche nel suo percorso di ricerca: ha imparato come rendere comprensibile un messaggio per chi ascolta e, se vuoi veramente trasmetterlo, come trovare il modo per farlo. «La cosa più bella è vedere come i bambini arrivano a capire addirittura qualcosa di molto complesso come la fisica o la chimica se si trova il modo di spiegarlo bene».

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Multidisciplinare e multiculturale: Trieste

La vita “adulta” di Natalia inizia a Trieste. Finito il dottorato, il laboratorio della Fondazione Italiana Fegato in cui è coinvolta diventa sempre più importante e le offre occasioni di crescita. «Siamo diventati una struttura con grandi prospettive, ho cominciato ad avere il mio piccolo gruppo di ricerca da portare avanti. Occasioni che mi hanno invitato a restare ancora a Trieste. Inoltre, in questa città ho trovato un bell’equilibrio vita-lavoro. Da una parte ci sono tanti centri di ricerca e professionisti di livello con cui potersi confrontare; dall’altra è anche un posto estremamente ricco di attività. La posizione geografica di Trieste permette di muoversi senza difficoltà a diverse destinazioni europee, un plus per chi, come me, ama viaggiare. Una grande differenza per me rispetto all’Argentina, che è immersa in un contesto culturale abbastanza omogeneo, è la diversità culturale che si trova qui. Per esempio, andare semplicemente a fare un aperitivo diventa tutta un’esperienza di convivenza con persone di tutto il mondo. Credo che questo sia un valore aggiunto di convivenza e di armonia da trasmettere ai miei figli: Trieste è multidisciplinare e multiculturale, si respira un’atmosfera di interessi e culture diversi dove “c’è spazio per tutti” senza tralasciare le tradizioni delle minoranze locali”.

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Una nuova casa

Anche se lontana da casa, a Trieste Natalia non si è mai sentita estranea. Nonostante l’assenza della famiglia d’origine, in città non mancano amici stretti, una sorta di “seconda famiglia”. Anche perché gli argentini, a differenza degli italiani, sono abituati ad andare via di casa presto e, per fare l’Università, a spostarsi anche molto lontano. «Sono partita da casa a 17 anni per l’università, che era distante 1000 km e tornavo dai miei genitori solo una volta l’anno. Per cui ero abituata ad essere lontano da casa. A Trieste lo sono molto di più, tuttavia non mi sono mai sentita estranea. È una città molto particolare e per me ancora molto affascinante, dove volentieri acquisisci nuove abitudini. Ho trovato che gli abitanti sono molto propensi a raccontarti come vivono, e condividere le loro tradizioni, e in qualche modo ad accoglienti nella loro vita». Da Trieste, Natalia può viaggiare, incontrare ai convegni quelle persone che rappresentano un punto di riferimento per i suoi studi e che prima erano soltanto un miraggio. «In Argentina era più difficile avere queste possibilità, in quanto è un paese geograficamente più isolato. Anche la disponibilità delle risorse per studiare e la qualità dei laboratori erano molto diverse. Lì ho lavorato in ospedale e dovevamo arrangiarci sotto tanti punti di vista. Qui ho trovato un livello di lavoro molto più alto.

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Alla ricerca dei finanziamenti

Anche in Argentina si lavora bene, ma ci sono molte più difficoltà, devi essere più creativo e cercare di compensare alcune mancanze per raggiungere gli obiettivi. A Trieste, nella mia realtà ho imparato a lavorare sotto regole precise, dove non mancava nulla per poter fare le cose. Questo ti insegna quanto sia più efficace avere le cose a disposizione e in ordine piuttosto che improvvisare». Non sono mancati però neanche in Italia i periodi difficili: per esempio quando scadeva una borsa e anche Natalia doveva rincorrere contratti o fondi. «E in certi momenti non sapevi cosa sarebbe successo. Finché non hai una posizione fissa è la tua principale preoccupazione. Anche per questo per noi, ora, l’obiettivo è avere dei fondi per poter dare continuità al lavoro dei ricercatori che collaborano con il nostro gruppo. Sia per loro che per noi, per poter garantire il raggiungimento degli obiettivi della ricerca che stiamo portando avanti».

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