Roberto Papa

Si occupa di Genetica agraria e svolge la sua ricerca sulla conservazione dell’agrobiodiversità. Studia la diversità genetica delle piante coltivate con particolare attenzione a cereali alimentari. Coordina un progetto europeo sull’agrobiodiversità delle leguminose alimentari denominato INCREASE.

iconmonstr-quote-5-240 Siamo un paese strano: con poche risorse riusciamo a fare cose miracolose. Ma il miracolo non può essere la normalità. L’idea della ricerca è concepita come una cosa che serve per trovare qualcos’altro. Questo è l’errore più grosso perché la ricerca produce conoscenza che è già un valore in sé. iconmonstr-quote-7-240

Correva l’anno 1983 la RAI, per contrastare il dominio assoluto delle reti Fininvest nella fascia oraria del mezzogiorno, manda in onda Pronto, Raffaella?, trasmissione condotta da Raffaella Carrà e diretta da Gianni Boncompagni. Il format è innovativo perché la Carrà si comporta come una semplice padrona di casa, colloquiando per telefono con gli spettatori, facendoli sentire in famiglia. Tra ospiti e telefonate, non potevano mancare i quiz con domande alla portata di tutti. Memorabile è quello dei “fagioli”, che consisteva nell’indovinare il numero esatto dei fagioli all’interno di un barattolo, un tormentone andato avanti per mesi con un successo strepitoso. Anni lontani, si dirà ma non è la verità.Ad Ancona, nel 2021, si inscena un reboot di questo gioco. Ma non è la RAI è l’UNIVPM, ci troviamo all’Università Politecnica delle Marche nel laboratorio di Genetica Agraria. Al posto della Raffa nazionale, il professor Roberto Papa con in mano un barattolo che, con un sorriso sornione, chiede il numero esatto dei fagioli che vi sono contenuti alla troupe di Humans. Scoraggiati decidiamo di alzare bandiera bianca e cerchiamo invece di capire perché siamo circondati da questa miriade di legumi.
‘Mi occupo di Genetica, di Evoluzione e di Biodiversità e svolgo la mia ricerca sulla conservazione dell’agrobiodiversità e sul miglioramento genetico delle piante coltivate.
Studio la diversità genetica delle piante coltivate con particolare attenzione a cereali e leguminose alimentari’, ci spiega Roberto. Spesso, appena sentiamo la parola genetica, la associamo quasi solo ai progressi della medicina. Ma sbagliamo, ci dimentichiamo che la genetica nasce con i lavori sull’ibridazione di varietà di pisello condotti da Gregorio Mendel, di cui quest’anno ricorre bicentenario della nascita  
‘In questo momento – ci dice Roberto spostandoci nella serra della Politecnica – stiamo studiando la sequenza del DNA di oltre 10000 genotipi di fagioli selvatici e coltivati provenienti da tutto il mondo. Studiamo come l’uomo in Messico e nelle Ande abbia iniziato a coltivare i fagioli dalle forme spontanee della stessa specie e come il fagiolo sia stato introdotto dopo i viaggi di Colombo in Europa Africa e Asia diventando un alimento fondamentale per le popolazioni di tutto il pianeta. Inoltre, ci stiamo occupando della   relazione tra le variabili geo-climatiche e quelle genetiche per comprendere i meccanismi di adattamento all’ambiente che oggi diventano un aspetto cruciale per fronteggiare la crisi climatica. Da qualche anno ci occupiamo anche di altre leguminose alimentari come la lenticchia, il cece e il lupino che, insieme al fagiolo, sono strategiche per la transizione alimentare verso diete a base prevalentemente vegetale ma ancorate alla tradizione agricola e culinaria dell’Europa e del Mediterraneo.

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Ricerca partecipata

Studi e ricerche importanti perché la caratterizzazione e il mantenimento delle risorse genetiche dei legumi alimentari e il loro sfruttamento in agricoltura costituiscono un elemento chiave per un’agricoltura sostenibile, per contrastare i cambiamenti climatici e per promuovere la salute. “L’utilizzo delle risorse genetiche è la chiave per la loro efficace conservazione, utilizzarle vuol dire farle arrivare direttamente nei campi degli agricoltori e anche negli orti dei cittadini utilizzando approcci partecipativi”, afferma Papa.

L’approccio partecipativo è al centro del progetto europeo coordinato dal prof. Papa denominato INCREASE www.pulsesincrease.eu si occupa di conservare e valorizzare la diversità dei legumi alimentari fino ad arrivare direttamente nei campi degli agricoltori e negli orti, nei terrazzi e perfino nei balconi dei cittadini.

‘La novità di questo progetto, unico a livello internazionale, è l’idea che la conservazione della agro-biodiversità si possa avvalere con la Citizen Science” del contributo attivo dei cittadini e degli agricoltori per conservare attivamente l’agrobiodiversità e per condividerne i benefici. Fino ad oggi INCREASE ha inviato semi di fagioli a più di 5000 cittadini europei. La serra è bella e colorata, ma essere ad Ancona e non vedere il mare ci sembra un peccato. Chiediamo a Roberto di accompagnarci. Prima però bisogna fare un salto in laboratorio per una veloce riunione con i suoi ragazzi. Ed eccoli, giovani, belli e provenienti da ogni parte del paese. Appena Roberto entra nella sala riunioni iniziano a raccontargli le loro idee, vogliono sentire i suoi consigli, vogliono metterlo al corrente dei loro progressi. Roberto ha una parola per tutti, si vede che incontrarli gli piace anzi lo ricarica. ‘Avere tanti giovani in un gruppo è entusiasmante. Aiutarli a trovare una via, un sentiero può dare grandi soddisfazioni. Essere un mentore fa parte del mio lavoro, un’attività che non è ben strutturata e programmata in Italia. Peccato, perché è uno degli elementi chiave per far partire una carriera.

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Fagioli, clima e biodiversità

Studi e ricerche importanti perché la caratterizzazione e il mantenimento delle risorse genetiche dei legumi alimentari e il loro sfruttamento in agricoltura costituiscono un elemento chiave per un’agricoltura sostenibile e per promuovere la salute. “L’utilizzo delle risorse genetiche è la chiave per la loro efficace conservazione, utilizzarle vuol dire farle arrivare direttamente nei campi degli agricoltori e anche negli orti dei cittadini utilizzando approcci partecipativi”, afferma Papa.

Approccio partecipativo al centro del progetto europeo INCREASE, che il gruppo di Papa sta sviluppando, per permettere lo scambio e l’acquisizione delle conoscenze sulla biodiversità dei legumi.

«La novità di questo progetto, che è unico a livello internazionale, sta nel fatto che noi ricercatori ci caliamo nel campo con cittadini e agricoltori per condividere i benefici dell’uso della biodiversità». La serra è bella e colorata, ma essere ad Ancona e non vedere il mare ci sembra un peccato. Chiediamo a Roberto di accompagnarci. Prima però bisogna fare un salto in laboratorio per una veloce riunione con i suoi ragazzi. Ed eccoli, giovani, belli e provenienti da ogni parte del paese. Appena Roberto entra nella sala riunioni si illuminano e iniziano a raccontargli le loro idee, vogliono sentire i suoi consigli, vogliono metterlo al corrente dei loro risultati. Roberto ha una parola per tutti, si vede che gli piace anzi lo ricarica. «Avere tanti giovani in gruppo è molto bello. Aiutarli a trovare una via, un sentiero può dare grandi soddisfazioni. Essere un mentore fa parte del mio lavoro, un’attività che non è ben strutturata e programmata in Italia. Peccato, perché è uno degli elementi chiave per far partire una carriera. Ma bisogna essere disposti ad ascoltare, ad avere fortuna di trovare la persona giusta». Ma forse anche essere nel paese giusto.

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Professione mentore

Quello dei giovani della ricerca è un’Italia che raramente trova spazio sui media e di cui si parla poco, perché, come dice un saggio adagio popolare: “Fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce”.
La foresta della scienza è una generazione di giovani ricercatori che in Italia hanno scelto di restare, di tornare o di venire da paesi esteri. Giovani scienziati, uomini e donne, che lavorano nei laboratori di tutta la penisola e si destreggiano ogni giorno tra mancanza di fondi, ostacoli burocratici e legislativi, ma che vanno avanti comunque, animati da una grande passione per la scienza e consapevoli dei benefici che essa porta alla collettività, per affrontare anche le questioni energetiche e alimentari del pianeta. ‘Siamo un paese strano: con poche risorse riusciamo a fare cose miracolose. Ma il miracolo non può essere la normalità. La ricerca è concepita come una cosa che serve per fare qualcos’altro. Questo è l’errore più grosso perché la ricerca produce conoscenza che è un valore in sé’. Le parole di Roberto, pronunciate sulla banchina del porto di Ancona fanno venire voglia di prendere quel famoso cargo battente bandiera liberiana ma il suo sorriso mentre ci racconta dei risultati dei suoi giovani collaboratori ci da speranza. D’altronde anche lui è un esempio che si può fare bene ricerca in Italia.  Cresciuto fra Loreto e Ancona, dopo la laurea a Perugia e il dottorato a Sassari, ha lavorato ad Aleppo, Bangor, Stati Uniti.

Tante tappe per formarsi e per trovare la propria strada. E poi si sa, come certi amori che non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano, eccolo di nuovo ad Ancona. Nuovamente con i suoi amici e le sue abitudini ma è un Roberto diverso, in missione per la scienza. Un Roberto bravo a fare ricerca e non a prevedere il futuro.

‘Durante il dottorato a Sassari ho iniziato la mia ricerca sulle varietà locali di orzo della Sardegna e ho visitato moltissimi agricoltori in tutta l’isola alla ricerca delle varietà locali. Un giorno mia madre mi chiese se io fossi interessato alla casa di Ancona che era intenzionata a vendere. Con tutta tranquillità, non immaginando opportunità ad Ancona, le ho risposto che il mio ritorno era escluso. Detto, fatto. Dopo un anno, ero in giro per la città a cercare una nuova casa.

 

 

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